Una guida tascabile che invita alla scoperta di Bormio, alla sua arte, alle sue tradizioni attraverso un percorso tra i cinque reparti del paese.
Attraverso le strade del paese si scoprono scorci e opere d'arte che raccontano a turisti e a chi ci vive, cultura, tradizioni, arte e curiosità di Bormio.
Una sintetica ma ricca e completa introduzione storica narra di Bormio nella storia, la più longeva democrazia comunale d'Europa.
La guida, completamente aggiornata, corretta e integrata rispetto alla precedente edizione, ricca di numerose fotografie e mappe, è scritta da Manuela Gasperi, guida turistica e direttore del Museo Civico di Bormio, e Gisi Schena, insegnante, entrambe collaboratrici del Centro Studi Storici Alta Valtellina.
La Presentazione è di Remo Bracchi (10 settembre 1943 – 5 maggio 2019) religioso, poeta, glottologo e dialettologo italiano
Per Alpinia editrice ha pubblicato Armét, Semi di sapienza, arguzia, intelligenza (2017) (vai al libro Armét)
Scorrendo le pagine dell’artistica pubblicazione, corre spontaneo alla mente il rammarico di Gesù nel suo incontro al pozzo di Sichem con la Samaritana: Se conoscessi il dono di Dio!
Se i bormini prendessero coscienza del posto che nella creazione il Signore ha loro assegnato! Tutto è canto e incanto: la sua natura, la sua storia, le sue tradizioni, la sua arte.
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Remo Bracchi
Professore Ordinario di Glottologia Pontificia Università salesiana di Roma
Presentazione
Indice dei principali punti di sosta
Cartina generale
Lo stemma e la bandiera di Bormio
Gli emblemi dei Reparti di Bormio
Bormio nella storia
Bormio nel Medioevo
Il dominio dei duchi di Milano Visconti e Sforza
Il governo dei Grigioni tra XVI e XVII secolo
Il XVII secolo: il sacco di Bormio e la decadenza
Ultimo periodo del dominio grigione
Diffusione delle idee giacobine
Epoca napoleonica
Dominazione austriaca
Moti di rivolta e guerre di indipendenza
La prima guerra mondiale
Dal primo dopoguerra a oggi
Reparto Dossiglio
Reparto Maggiore
Reparto Buglio
Reparto Dossorovina
Reparto Combo
Gli approfondimenti
Le tradizioni (vedi anche il libro Usi e costumi del bormiese)
I processi alle streghe
La gestione della cosa pubblica
Il conte Diavolo (vedi anche il libro La storia dell'uccisione del Conte Diavolo)
Il forte Feria
Le terme
Il museo civico
La stele
La strada dello Stelvio
La Bajona
La gastronomia (vedi anche il libro Valtellina e Valchiavenna in tavola)
Il castello e la chiesa di San Pietro
Oggi chi esce dall’ultima galleria o sale sulla strada provinciale da Cepina non vede più in lontananza Burmium oppidum ad urbis effigiem maximum turritum – Bormio la piazzaforte dalle numerosissime torri simile a una città – come la descriveva Paolo Giovio nel 1559. Delle torri (si diceva fossero trentadue) ne restano poche, ma il paese che appare in fondo alla pianura triangolare dell’Alute attrae la vista per la sua particolare posizione appoggiata alla base della Reit e da subito si percepisce il fascino singolare emanato dai luoghi carichi di storia.
Tutti, in ogni tempo hanno riconosciuto la felicità geografica della posizione di Bormio: esposta al sole, al riparo dalle correnti fredde, difesa da alte montagne a nord e dall’impervia stretta di Serravalle a sud, il borgo è collocato al centro di una rete di vie disposte a raggiera che, percorse fin dai tempi più remoti, gli hanno permesso di mantenere i collegamenti con i centri più importanti, dai quali, comunque, si trovava abbastanza lontana da non subirne in modo troppo pressante le influenze.
Proprio la collocazione geografica è il primo e il più importante di tutti i privilegi di cui il borgo ha goduto nel corso della sua storia; privilegi che gli hanno consentito di raggiungere una indipendenza sempre più sicura e forte tale da divenire per lunghi secoli il tratto distintivo del governo democratico bormiese rispetto ai comuni lombardi. L’autonoma democrazia di Bormio mantenuta per tanto tempo, si può considerare un “unicum” nella storia.
Qualche cenno sulle sue vicende passate può aiutarci a comprendere meglio l’aspetto e le caratteristiche di questo paese che, pur rinnovato in tanti aspetti, ha sostanzialmente conservato la struttura urbana del borgo antico e, grazie a sistemazioni e restauri effettuati in modo rispettoso e corretto, molti edifici, chiese e manufatti artistici hanno ripreso il loro antico splendore.
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La nostra visita fra le vie di Bormio inizia dal reparto Dossiglio, il cui toponimo deriva dal latino dŏssum e significa dosso, in forza del fatto che la roggia detta Agualar che lo solcava, scendendo verso il torrente Frodolfo creava un rialzo del terreno; un tempo questo canale, da un punto di vista urbanistico, rappresentava una sorta di confine a sud del paese ed è per questo che, traducendo dal dialetto locale, non si diceva “vado in Dossiglio”, ma “vado sotto Le Acque”.
L’Agualar, oggi interamente interrata, forniva energia idraulica 1 al Mulino Salacrist, una piccola costruzione che si trova in via don Peccedi. Funzionante sino a metà del Novecento, esso sfruttava l’energia prodotta dall’acqua di uno dei due canali, detto Agualar che, staccandosi dal torrente Frodolfo poco a monte del ponte di Combo, attraversava tutto il paese lungo l’attuale via Mulini dove serviva opifici, segherie, officine di fabbri e mulini per venire poi utilizzato per l’irrigazione dei prati della piana di Bormio, detti Tregenda e Podìn.
L’attività di questo mulino forse esisteva già nel 1196, anno in cui un atto dell’archivio di Bormio racconta che la mugnaia Domenica Maresa lasciò il suo mulino in Dossiglio alla chiesa, in cambio di messe in suffragio per sé e per i suoi familiari; certamente invece, il Liber Stratarum, un prezioso registro del 1304 della comunità di Bormio, una sorta di catasto dell’epoca, ci informa che, in quel periodo, il proprietario era un tale Vitale de Pincera.